
Donatello è un giovane gioioso e primitivo, straordinariamente somigliante al “Fauno” di Prassitele, che si trova nei Musei Capitolini. È pazzamente innamorato di Miriam, donna attorniata da un alone di mistero e bellissima. In un raptus di furore uccide l’oscuro persecutore di lei. Al centro della narrazione ci si trova il peccato e le sue conseguenze. Hilda e Keyton, l’altra coppia protagonista, agiscono come catalizzatori nello svolgersi dell’azione.
Hawthorne ambienta questa narrazione nella Roma monumentale e sublime, che conobbe durante un lungo soggiorno nel 1858-59; ed è stata molto utilizzata come guida dei tour americani nel continente europeo. Ma, oltre alle descrizioni di ambienti, magistrale d’altra parte, l’autore manifesta una grande profondità psicologica e finezza nello scandagliare l’anima umana, specie riguardo un tema non facile, e cioè il rapporto dell’uomo col male, la tragedia della conoscenza del peccato e degli effetti devastanti della colpa nella coscienza.
Dal punto di vista narrativo, bisogna dire che non è un romanzo “moderno”: abbisogna di un buon schienale, come diceva Navokov della letteratura di Dickens, tempo e riflessione; la durata dell’azione è lenta; abbondano le descrizioni lunghe, e a volte un tanto affettate. Dal punto di vista contenutistico, conviene segnalare la visione molto negativa non tanto del cattolicesimo in generale, come del papato in particolare, molto circoscritto sia all’epoca sia al puritanesimo di una delle protagoniste, Hilda. Vi si trovano anche alcune riflessioni sul peccato interessanti, ma che necessitano di una certa formazione per poter essere ben capite, e convenientemente criticate. Concretamente, si sostiene, forse in modo più o meno ipotetico, che il peccato è stato quasi necessario per sviluppare certe caratteristiche umane; e cioè senza il peccato non si sarebbero sprigionate alcune potenzialità che sono connaturali alle persone. La tesi si potrebbe considerare, da un certo punto di vista, in linea coll’ “O felix culpa” cattolico (in riferimento al peccato originale, che ha meritato un così gran Redentore), ma implica –a mio avviso– dei passaggi non pienamente accordi con esso. In ogni caso, ci troviamo di fronte a un'opera di redenzione.
F.M. (2011)